Smart working

L’estensione del “lavoro agile” e dello smart working tra le imprese che hanno investito in maniera strategica in questa innovazione, come già precedentemente indicato, è passata dal 23,3% del periodo pre-Covid al 40,4% nel 2020.

Durante il primo lockdown, lo smart working ha coinvolto 6,58 milioni di persone, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, con una crescita di oltre 10 volte rispetto ai 570mila censiti nel 2019. Si stima che al termine dell’emergenza i lavoratori “agili” saranno 5,35 milioni. In futuro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate da remoto, in media da uno a 2,7 giorni alla settimana.

Gli investimenti strategici in lavoro agile delle imprese del settore industria sono passati dal 19,9% delle imprese investitrici nel 2015 al 33,6% nel 2020. Nel settore servizi dal 24,5% al 43,2%, dal 45,9% al 54% nel settore public utilities e infine dal 18% al 29,6% nel settore delle costruzioni.

 

Lo smart working e le altre forme di lavoro agile non rappresentano soltanto una nuova tecnologia, ma sono un vero e proprio nuovo modello di lavoro; il cambiamento dell’organizzazione del lavoro mette in discussione anche l’organizzazione della vita dei lavoratori, dell’economia e del territorio. La pandemia ha offerto la possibilità di sperimentare nuovi modelli organizzativi e di reingegnerizzare i processi di back-office. La “corsa obbligata” verso il lavoro agile per molti settori, oltre a garantire la tenuta del sistema sanitario nella continuità produttiva, ha modificato anche il sistema dei trasporti, portato al ripopolamento dei centri minori e ha avuto anche esternalità positive nell’incremento delle competenze digitali dei lavoratori. Nei prossimi anni il lavoro agile rappresenterà un modello che andrà oltre le contingenze indotte dagli eventi pandemici.

Andando ad analizzare i settori di attività che più hanno visto lo sviluppo delle modalità di lavoro agile, nei servizi si nota il boom in settori già a forte propensione digitale come “servizi informatici e delle telecomunicazioni” con 63,2% (+24,2 punti percentuali rispetto al periodo precedente), “servizi avanzati di supporto alle imprese” con 55,1% (+22,7 p.p.), “servizi finanziari e assicurativi” 62,4% (+24,5 p.p.).

Iimportante anche la crescita del settore “istruzione e servizi formativi privati” che è passata dal 27,1% del pre-Covid al 50,5% del 2020 di investimenti strategici in lavoro agile.

I settori con la più bassa percentuale di investimenti sono quelli a minore propensione strutturale a tale innovazione come “commercio al dettaglio”, “servizi di alloggio e ristorazione; servizi turistici” e “servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone”.

Per quanto concerne il settore dell’industria al primo posto negli investimenti strategici troviamo le “industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere con il 51,8% (+10,7 p.p. rispetto al pre-Covid); seguono le “industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali” con il 42,3% (+20,2 p.p. rispetto al pre-Covid) e poi le “industrie fabbricazione macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto con il 36,8 (+17,9 p.p. rispetto al 2015-2019). I settori con minore propensione agli investimenti in lavoro agile sono “estrazione di minerali” con il 27,7% (+5,3 p.p.) e industrie del legno e del mobile con il 26,1 (+14,3 p.p. rispetto all’anno precedente).

 

 

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Ultima modifica: Venerdì 30 Luglio 2021